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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
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Liturgia della settimana, preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire di Bassano Romano (VT)
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×In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.…
«Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua discendenza e la sua; questa ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno». Questa è la solenne promessa del nostro Padre e Creatore dopo il peccato originale, quando abbiamo perso l’albero della vita e il nostro paradiso. Ma in cielo risuona una voce in perfetta sintonia con la volontà divina: «Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà». È la risposta dell’Unigenito, Gesù Cristo, che accoglie il piano del Padre celeste. Nella pienezza del tempo, ecco l’annuncio dell’arcangelo Gabriele alla Vergine di Nazareth: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». È l’annuncio dell’Incarnazione. E Maria risponde con totale adesione alla volontà divina: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». Con questa risposta, in perfetta armonia tra cielo e terra, la Madonna diventa Madre di Dio e dell’umanità intera. Gesù, unito allo Spirito Santo, entra nel grembo materno. Qui lo Spirito fonde agli elementi naturali di Maria la sua anima divina, e così inizia la formazione del suo corpo, spiritualizzato e divino. Maria, offrendo il suo grembo al Signore, diventa grembo dell’umanità. Con il suo consenso, dà inizio a una nuova creazione con la nascita del Redentore. Il Padre celeste ha scelto un mezzo semplice per realizzare l’Incarnazione: mentre gli uomini cercano segni straordinari, Dio sceglie una giovane donna, purissima e immacolata, ma pur sempre una fanciulla. Con il suo sì, Maria porta nel mondo il Salvatore e si fa Madre di tutti noi. Comprendiamo così il ruolo unico di Maria e quanto sia importante accoglierla nella nostra vita! Riprendiamo la preghiera del Santo Rosario in famiglia, lasciando per un po’ il cellulare e dedicando tempo al Signore.…
In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.…
L’autore della Lettera agli Ebrei, parlando della forza e dell’efficacia della Parola di Dio, afferma: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di una spada a doppio taglio; penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non c’è creatura che possa nascondersi davanti a lui: tutto è nudo e scoperto ai suoi occhi, e a lui dobbiamo rendere conto.” Quando i doni di Dio ci vengono offerti come strumenti di salvezza, possiamo accoglierli con gratitudine e viverli nella fede, oppure rifiutarli, trasformandoli in un tormento interiore. Non si può resistere impunemente alla Luce: essa mette a nudo le nostre incoerenze, scruta nel profondo, svela i segreti dell’anima, il bene che ci arricchisce e il male che ci opprime. Per questo scribi, farisei e persino i compaesani di Gesù non riescono a sopportare le sue parole. Pieni di sdegno, arrivano persino a minacciare di gettarlo da un precipizio. L’orgoglio ferito si trasforma in desiderio di vendetta: chi proclama la verità deve essere ridotto al silenzio, chi smaschera ipocrisie ben costruite deve scomparire. Falsità, meschinità e ipocrisia si radicano con fatica nell’animo umano: è un lavoro continuo, con cui le verità, anche quelle di Dio, vengono smontate pezzo dopo pezzo e sostituite da illusioni personali. La voce di Cristo si scontra con questa realtà senza possibilità di compromesso. La verità è una sola, non può essere frammentata. È un dono gratuito, fonte di beatitudine, grazia e salvezza: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!” Il Signore è ancora vivo in mezzo a noi, la sua Parola palpita nel cuore della Chiesa e dei suoi fedeli. Eppure, ancora oggi, molti si sentono disturbati da Cristo e dai suoi messaggeri. C’è ancora chi vorrebbe farli tacere e spingerli nel vuoto. Che il Signore non debba ripetere anche a noi, distratti, superficiali o addirittura ostili, le stesse parole amare di allora: “Nessun profeta è ben accolto in patria.”…
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: "Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?". Ma quello gli rispose: "Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai"».…
Non ci conviene rassegnarci a un penoso e interminabile esilio. Non ci conviene restare schiavi del peccato, autocondannandoci a una vita sterile e priva di frutti, dopo aver ricevuto in dono tanti preziosi talenti. L’infelicità non ci appartiene e avvelena la nostra esistenza. L’albero che non produce frutti non deve occupare inutilmente il terreno: “Taglialo!” ci sentiremo dire autorevolmente. Ma la Santa Quaresima, che stiamo vivendo, ci invita a una scelta diversa: alla conquista di una libertà piena e gioiosa, la libertà dei risorti, la libertà della Pasqua. Questa libertà è un dono gratuito, nato dall’infinito Amore di Dio, da Colui che si rivelò a Mosè in un roveto ardente di fuoco, che non si consuma. È Lui che, con amore instancabile, guarda la nostra miseria e scende per liberarci dal potere del male, per condurci dalla terra dell’esilio a una terra bella e spaziosa, dove scorrono latte e miele, dove la vita si compie nella comunione con Dio, nostro Creatore e Padre. Così si realizza in pienezza il progetto divino di salvezza: siamo riscattati e redenti. Dalla caduta nel peccato nel paradiso terrestre all’incarnazione del Verbo, fino alla sua passione, morte e risurrezione, la storia della salvezza risuona oggi con la stessa forza di sempre: “IO SONO mi ha mandato a voi” - dice Dio a Mosè. Gesù fa eco: “Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà del Padre mio che mi ha mandato”. Il profeta risponde: “Eccomi, manda me!” E Maria, la Madre, si abbandona alla volontà divina: “Eccomi, sono la serva del Signore”. Ecco i segni della misericordia, le vie della nostra liberazione, la certezza che il Signore: “Perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia” (Sal 103,3-4). Proposito del giorno: L’esame di coscienza quotidiano è un’ottima pratica per la nostra conversione.…
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"».…
Da questa accusa dei farisei e degli scribi, Gesù fa sgorgare una delle pagine più belle e dense del Vangelo. Ci illumina sulle realtà più profonde del nostro essere e del nostro vivere: coniuga la nostra fragilità e il nostro peccato con l’amore misericordioso del Padre. Un figlio - uno di noi - chiede la parte di eredità che gli spetta. Vuole una libertà senza limiti, la stessa che reclamarono i nostri progenitori mangiando il frutto proibito, la stessa che cerchiamo noi ogni volta che pecchiamo. Eppure, Dio, che ci ha creati liberi, non ci nega mai la nostra libertà, anche quando la usiamo per allontanarci da Lui, per fuggire dall’amore, fino a ritrovarci nudi, soli e impauriti. Così avviene un’umiliante trasformazione: da figli amati dal Padre, ci ritroviamo a fare i mandriani dei porci! Ma proprio nel fondo del male nasce spesso un’irrefrenabile nostalgia del Bene perduto, della Casa paterna, del Padre buono. Si passa dalla fame e dal ricordo dell’abbondanza dei veri beni perduti al primo accenno di pentimento: “Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Dopo tanto sperpero, il figlio prodigo spera almeno di essere accolto come un servo: sa che i salariati del Padre hanno pane in abbondanza, mentre lui sta morendo di fame. Il peccato non sazia mai! È una rovinosa perdita del bene. Ma il Padre celeste è sempre in ascolto e in trepida attesa del ritorno del figlio. Egli ascolta il gemito del povero e manda suo Figlio a cercare la pecora smarrita. Sarà proprio Cristo, la Via, a indicare il cammino del ritorno; sarà Lui, il Buon Pastore, a farsi carico del peccatore; sarà Lui, Luce del mondo, ad aprire gli occhi e il cuore del figlio per riconoscere l’amore del Padre. “Quando era ancora lontano, il padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”. Il fuggitivo ritrova il Padre, la Casa, il fratello, la mensa, la festa, la risurrezione: ritrova la Pasqua. Questa scena non è solo un’immagine poetica, ma una realtà che ciascuno di noi può vivere ogni volta che, dopo il peccato, sperimenta l’abbraccio del perdono. Meditando questa misericordia, soprattutto in Quaresima, siamo chiamati alla più intensa gratitudine. Il perdono scaturisce dalla croce, dal sangue di Cristo, dalla sua passione, dalla sua Pasqua. Proposito del giorno: La confessione sacramentale è la tua Pasqua; vai, Gesù ti attende!…
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