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This week, in what might be the funniest episode yet, Molly and Emese are joined by co-stars Amy Schumer and Brianne Howey. They get candid about motherhood, career evolution, and their new film, Kinda Pregnant —which unexpectedly led to Amy’s latest health discovery. Amy opens up about how public criticism led her to uncover her Cushing syndrome diagnosis, what it’s like to navigate comedy and Hollywood as a mom, and the importance of sharing birth stories without shame. Brianne shares how becoming a mother has shifted her perspective on work, how Ginny & Georgia ’s Georgia Miller compares to real-life parenting, and the power of female friendships in the industry. We also go behind the scenes of their new Netflix film, Kinda Pregnant —how Molly first got the script, why Amy and Brianne were drawn to the project, and what it means for women today. Plus, they reflect on their early career struggles, the moment they knew they “made it,” and how motherhood has reshaped their ambitions. From career highs to personal challenges, this episode is raw, funny, and packed with insights. Mentioned in the Episode: Kinda Pregnant Ginny & Georgia Meerkat 30 Rock Last Comic Standing Charlie Sheen Roast Inside Amy Schumer Amy Schumer on the Howard Stern Show Trainwreck Life & Beth Expecting Amy 45RPM Clothing Brand A Sony Music Entertainment production. Find more great podcasts from Sony Music Entertainment at sonymusic.com/podcasts and follow us at @sonypodcasts To bring your brand to life in this podcast, email podcastadsales@sonymusic.com Learn more about your ad choices. Visit podcastchoices.com/adchoices…
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Emittente antagonista Brescia Milano Cremona Trento Verona
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I capi di governo di Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Spagna, Olanda e Danimarca si sono riuniti ieri pomeriggio all’Eliseo per una riunione informale, convocata dal presidente francese Emmanuel Macron, dedicata alla sicurezza europea e alla situazione in Ucraina alla luce delle dichiarazioni di Trump che la scorsa settimana si è detto fiducioso dell’avvio di accordi di pace tra Usa e Russia. All’uscita dal vertice di Parigi sulla questione Ucraina, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha spiegato che nel corso della riunione è stato ribadito che l’Europa deve continuare a sostenere l’Ucraina e che a Kiev non possono essere imposti diktat. Scholz ha aggiunto che il tema dell’aumento delle spese di difesa degli stati europei è stato largamente discusso e che si stanno studiando le misure necessarie per agevolare agli stati membri della Nato nel sostenere queste spese. E’ “altamente inappropriato” invece discutere ora dell’invio di truppe in Ucraina ha aggiunto il cancelliere tedesco. Tutti i partecipanti al vertice di Parigi hanno “opinioni simili” su tutte le questioni chiave. Lo ha detto il primo ministro polacco, Donald Tusk. Il premier polacco ha poi sottolineato l’importanza di coinvolgere tutti gli alleati della Nato, compreso il Regno Unito. L’Ungheria ha invece attaccato l’iniziativa del presidente francese Emmanuel Macron. Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, “l’era della politica interventista è finita” ha dichiarato il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó. Resta che il vertice dopo tre ore di confronto si è concluso senza un comunicato che delineasse una linea comune.Le valutazioni di Salvatore Cannavo’ giornalista del Fatto Quotidiano Ascolta o scarica Volano intanto da alcuni giorni i titoli della Difesa europei. Il mercato specula su un aumento della spesa per il settore nel Vecchio Continente dopo il vertice di Parigi e oggi è arrivato il monito di Mario Draghi all’Ue: “Presto saremo da soli a garantire la sicurezza di Europa e Ucraina” Ieri lo Stoxx 600 Aerospace and Defense è salito del 4%, con le tedesche Renk Group e Rheinmetall balzate rispettivamente del 17,4% e del 14,1%. La svedese Saab ha messo a segno un rialzo del 16,1%, la britannica Bae System dell’8,96%. in Italia Leonardo ha guadagnato l’8,14%. Oggi ancora segno positivo per tutti i titoli del comparto. Venerdì scorso, durante il suo intervento al vertice sulla sicurezza a Monaco, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aveva annunciato che intende proporre ai paesi membri di sospendere i vincoli del Patto di stabilità e di crescita per le spese relative alla Difesa, mentre il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha dichiarato che l’alleanza militare intende discutere l’aumento degli obiettivi di spesa in occasione del vertice di giugno. Al vertice di Parigi sull’Ucraina si parla quindi di aumentare le spese militari, ma dalla capitale francese emerge anche un’altra voce: «L’Europa resti se stessa, basi la sua influenza sul diritto e sulla giustizia economica, fiscale e climatica». Cosi’ invece il titolo dell’editoriale di oggi di Greenreport.i firmato da Simone Collini che abbiamo intervistato Ascolta o scarica https://www.greenreport.it/editoriale/5336-al-vertice-di-parigi-sullucraina-si-parla-di-aumentare-le-spese-militari-ma-dalla-capitale-francese-emerge-anche-unaltra-voce-leuropa-resti-se-stessa-basi-la-sua-influenza-sul-diritto-e-sulla-giustizia-economica-fiscale-e-climatica…
Sono stati condannati dai 4 mesi ai 2 anni di carcere i dieci agenti della polizia penitenziaria che nell’aprile del 2023 incappucciarono, picchiarono e vessarono un detenuto nel carcere di Reggio Emilia. Nel processo, che si è svolto con rito abbreviato, è caduto il reato di tortura , nonostante quest’ultima accusa fosse già stata formulata non solo dalla Procura, ma anche dal primo giudice delle indagini preliminari e confermata dal tribunale del riesame di Bologna. Ma di fronte al giudice Silvia Guareschi il reato di tortura è stato riqualificato in abuso di autorità. “ Ci lascia un amaro in bocca e ci preoccupa anche un pò . Quello che è successo all’interno del carcere di Reggio Emilia è un fatto gravissimo”, fa sapere ai nostri microfoni l’avvocato del detenuto picchiato Luca Sebastiani. “A fronte di questi fatti bisogna tracciare una linea che separa ciò che è giusto da ciò che non lo è: e in questo caso basta guardare il video per capire che quel confine è stato superato”. A rendere evidente le violenze a cui è stato sottoposto il detenuto sono state le telecamere di videosorveglianza del carcere di Reggio Emilia: grazie a queste sono state testimoniate le vessazioni messe in campo dagli agenti penitenziari contro il 40enne. Bloccato, incappuciato, calpestato, picchiato e denudato , anche delle mutande. A Radio Onda d’Urto l’avvocato Luca Sebastiani, rappresentante del detenuto. Ascolta o scarica. Questa condanna arriva in un contesto di crescente tensione all’interno delle carceri: il sovraffollamento, l’assenza di servizi e personale, gli abusi in divisa e il tasso di suicidi stanno aumentando? Giulia Fabbini, presidente di Antigone Emilia-Romagna. Ascolta o scarica.…
Dopo quasi 50 anni, Leonard Peltier esce dal carcere . Potrà trascorrere gli ultimi anni di vita agli arresti domiciliari nella sua terra natia, il Turtle Mountain Indian Reservation (Mikinaakwajiwing) , in North Dakota. Nel 1975 era stato condannato per l’omicidio di due agenti dell’FBI, al termine però di un processo farsa , come riconosciuto negli anni successivi dalle stesse persone che parteciparono a quella montatura. In quell’occasione morì un membro dell’ American Indian Movement, AIM , un gruppo che combatteva la discriminazione e la brutalità della polizia contro le comunità dei nativi americani. Dopo una vasta caccia all’uomo, vennero fermati tre membri dell’AIM, Dino Butler, Bob Robideau assolti poi per legittima difesa e Leonard Peltier , che invece fu estradato dal Canada con prove artefatte per poi essere processato nel 1977, in una sequela giudiziaria segnata da manipolazioni e intimidazioni. Nonostante l’assenza di prove reali, Leonard Peltier ha passato gran parte della sua vita in carcere: entrato all’età di 30 anni, esce dalla prigione da 80enne . A gennaio 2025 infatti, pochi istanti dalla fine del proprio mandato alla Casa Bianca, l’ex presidente Joe Biden ha commutato la sua condanna dall’ergastolo ai domiciliari. L’intervista ad Andrea de Lotto, nostro collaboratore e Comitato Free Leonard Peltier. Ascolta o scarica.…
In un contesto di crescenti difficoltà del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la spesa sanitaria delle famiglie – cd. out-op-pocket – ha superato i 40 miliardi di euro nel 2023, registrando un incremento del 26,8% tra il 2012 e il 2022. Tuttavia, la spesa out-of-pocket non rappresenta un indicatore affidabile per valutare le mancate tutele pubbliche, sia perché circa il 40% riguarda prestazioni a basso valore, sia perché è frenata dall’incapacità di spesa delle famiglie e dalla rinuncia a prestazioni per reali bisogni di salute. Di conseguenza, l’ipotesi ventilata dalla politica di ridurre la spesa out-of-pocket semplicemente aumentando quella intermediata da fondi sanitari e assicurazioni non appare realistica. È quanto emerge dal Report dell’Osservatorio GIMBE sulla spesa sanitaria privata in Italia nel 2023, commissionato dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute (ONWS) e presentato oggi al CNEL. Lo studio ha analizzato il peso economico crescente sostenuto dalle famiglie e le criticità del sistema della sanità integrativa. “L’aumento della spesa out-of-pocket non è solo il sintomo di un sottofinanziamento della sanità pubblica – afferma la Fondazione GIMBE – ma anche un indicatore delle crescenti difficoltà di accesso al SSN. L’impossibilità di accedere a cure necessarie a causa delle interminabili liste di attesa determina un impatto economico sempre maggiore, specie per le fasce socio-economiche più fragili che spesso non riescono a sostenerlo, limitando le spese o rinunciando alle prestazioni”. Marco Mosti Direttore operativo Fondazione Gimbe Ascolta o scarica…
Dopo le ultime prese di posizione della nuova amministrazione statunitense, anche se non ci si aspettava altro, è sempre più chiaro l’appoggio incondizionato da parte degli Stati Uniti ai piani di pulizia etnica di Israele in Palestina. “Non soltanto per quanto riguarda Gaza”, ricorda Khaled Al Qaisi di Udap ai microfoni di Radio Onda d’Urto, “ma anche per quanto riguarda la Cisgiordania, dove pare che questa amministrazione nello specifico sia interessata ad un’accelerazione dell’annessione di territori e dell’ampliamento delle colonie”. Anche se le dichiarazioni di Trump “dovranno scontrarsi con la realtà dei fatti: quella della resistenza dei palestinesi a Gaza che rifiuteranno e renderanno impossibile qualunque piano di pulizia etnica di Gaza .” Venerdì pomeriggio, a partire dalle 17, Udap, Giovani palestinesi d’Italia e Coordinamento di solidarietà con il popolo palestinese organizzano a Roma un presidio fuori dall’Ambasciata Usa. Ascolta l’intervista completa a Khaled Al Qaisi ai microfoni di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica…
Dignità per chi vive nelle case popolari. Questo lo slogan scelto come titolo di questa seconda assemblea generale degli inquilini Aler organizzata dall’Associazione Diritti per tutti e da un gruppo di abitanti del quartiere Casazza , dopo quella di San Polo dove la protesta ha già ottenuto alcuni importanti risultati; particolarmente in via Carpaccio dove è cominciata la mobilitazione con una prima riunione degli abitanti del caseggiato popolare del civico 27 che si era svolta ancora a settembre e che aveva deciso lo sciopero del pagamento delle spese condominiali fino a quando non sarebbero stati eseguiti interventi di manutenzione. Anche a Casazza, dove l’assemblea si terrà questa sera alle ore 20 presso il centro socioculturale del quartiere in via Casazza 46, i problemi riscontrati sono gli stessi di altre palazzine e torri dell’Aler: riscaldamento che non funziona, muffa, infiltrazione di acqua, spese condominiali esorbitanti, come spiega ai nostri microfoni Giuliano, uno degli inquilini Aler che ha promosso l’assemblea di questa sera Ascolta o scarica…
Le forze israeliane si sono ritirate martedì 18 febbraio da una decina di villaggi nel sud del Libano , dove i militari di Beirut si sono schierati al loro posto, in accordo con la missione Unifil dell’Onu. Israele ha tuttavia annunciato che occuperà comunque con 10mila soldati almeno 5 postazioni strategiche – alture e snodi stradali – oltre la linea di demarcazione Onu, che replica al messaggio di Tel Aviv denunciando “ogni ritardo come una palese violazione” della risoluzione 1701, quella sul Libano. TRATTATIVE – Dal Libano alla Palestina, con Israele a chiedere per sabato, giorno del nuovo scambio, di ottenere non 3 – come da accordi – ma 6 prigionieri, gli ultimi sicuramente in vita. Su questo Hamas si dice disponibile: “Dipende dall’impegno israeliano a procedere alla fase due, oltre che a rispettare ‘il protocollo umanitario” della fase 1, per ora parzialmente disatteso da Tel Aviv. Ancora Israele, con Netanyahu, per il quale nel futuro della Striscia “non ci saranno nè Hamas, né l’Anp”. Il tutto dopo che diversi media panarabi riportano oggi come Hamas avrebbe accettato la presenza a Gaza dell’Anp, per dare più forza al fronte di opposizione al rischio deportazione di massa, come ipotizzato da Trump, che nel frattempo sta trasferendo in Israele le bombe Usa da 900 kg. ARMI – Sempre sul fronte delle armi, oltre 230 organizzazioni della società civile globale hanno chiesto con una lettera congiunta (clicca qui) ai Governi occidentali di interrompere “immediatamente tutti i trasferimenti di armi a Israele, inclusi i caccia F-35”. Intraprese anche “azioni legali per mettere i Governi di fronte alle proprie responsabilità sulla complicità nei crimini di Israele a Gaza”. Tra i firmatari della lettera, mandata a Meloni, Crosetto e Tajani per quanto riguarda l’Italia, anche l’ong Un Ponte Per, di cui sentiamo Alfio Nicotra. Ascolta o scarica qui GAZA – Intanto dentro la Striscia dopo settimane di veti israeliani, iniziano a entrare ruspe e mezzi pesanti per rimuovere le macerie, sotto le quali ci sono 10-15mila palestinesi. Numeri da sommare ai 48.291 morti accertati nei 15 mesi di genocidio israeliano sulla pelle dei palestinesi, contro cui Netanyahu ha ordinato pure l’immediata attuazione della legge che vieta ogni attività dell’ Unrwa , agenzia Onu fondamentale per i servizi essenziali a Gaza, Gerusalemme o Cisgiordania. CISGIORDANIA – Proprio in West Bank è caos nell’Anp: licenziato il capo dell’Autorità dei prigionieri, Qadura Fares, esponente di Fatah da sempre molto vicino a Marwan Barghouti e “colpevole” di avere convocato una conferenza stampa contro la decisione di Abu Mazen di negare gli stipendi ai palestinesi incarcerati, come richiesto (o imposto) da Israele. Proprio in Cisgiordania , prosegue l’aggressione isrealiana con 80 morti, centinaia di prigionieri, migliaia di sfollati con la forza tra Tulkarem, Tubas e Jenin , dove è morto un ragazzo di soli 15 anni, Diaa al-Din Ahmed Omar Saba’neh, ferito giorni fa dalle truppe occupanti di Tel Aviv. Solo a Jenin, in un mese di assalto, sono 26 le persone uccise e almeno 150 quelle fatte prigioniere. Da Jenin la corrispondenza su Radio Onda d’Urto con Khaled, cittadino palestinese residente a Jenin, tradotto da Fabian Odeh, nostro collaboratore. Ascolta o scarica…
Oltre 230 organizzazioni della società civile globale hanno chiesto con una lettera congiunta ai Governi occidentali di interrompere “immediatamente tutti i trasferimenti di armi a Israele , inclusi i caccia F-35”. Intraprese anche “azioni legali per mettere i Governi di fronte alle proprie responsabilità sulla complicità nei crimini di Israele a Gaza”. Tra i firmatari della lettera, mandata a Meloni, Crosetto e Tajani per quanto riguarda l’Italia, anche l’ong Un Ponte Per, di cui sentiamo Alfio Nicotra. Ascolta o scarica Di seguito il testo della lettera congiunta inviata alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani e al Ministro della Difesa Guido Crosetto. Lettera congiunta di organizzazioni della società civile internazionale sull’invio di armamenti ad Israele, in particolare per quanto riguarda il Programma JSF del Cacciabombardiere F-35 Vi scriviamo come gruppo di Organizzazioni dei Paesi partner del programma globale del cacciabombardiere F-35 – insieme ad altre Organizzazioni che sostengono questa nostra presa di posizione – per chiedere ai nostri Governi di fermare immediatamente tutti i trasferimenti di armi, diretti e indiretti, a Israele compresi quelli relativi agli aerei da combattimento F-35, i loro componenti e le loro parti di ricambio. Dopo 466 giorni di offensiva militare israeliana a Gaza, accogliamo con favore il cessate il fuoco limitato entrato in vigore il 19 gennaio e chiediamo ai nostri Governi di sostenere ogni sforzo per porre fine in modo permanente alle atrocità in corso. Gli ultimi 15 mesi hanno dimostrato con devastante chiarezza che Israele non si impegna a rispettare il diritto internazionale. La fragilità del cessate il fuoco a Gaza evidenzia il rischio di ulteriori violazioni e dunque la necessità di interrompere le esportazioni di armi verso Israele, compresi gli F-35. Ciò è sottolineato anche dal continuo uso illegale da parte di Israele di aerei da combattimento militari nella Cisgiordania occupata, in particolare a Jenin. I Paesi partner del programma F-35 non sono riusciti, individualmente e collettivamente, a impedire che questi aerei venissero utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, in particolare con evidente chiarezza nei Territori Palestinesi occupati, compresi crimini internazionali, nonostante le prove schiaccianti a riguardo. Gli Stati non sono stati disposti a rispettare i loro obblighi legali internazionali e/o hanno sostenuto che la struttura del programma F-35 implica l’impossibilità di applicare controlli nei confronti di qualsiasi utente finale, rendendo così l’intero programma incompatibile con il diritto internazionale. Il bombardamento e la distruzione senza precedenti di Gaza da parte di Israele hanno portato a incommensurabili sofferenze umane, devastazioni ambientali e catastrofi umanitarie. La Corte internazionale di giustizia (CIG) ha ordinato a Israele misure provvisorie per prevenire il genocidio contro il popolo palestinese a Gaza nel gennaio 2024. Nel dicembre 2024, un’indagine di Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza e Human Rights Watch ha riferito che “le autorità israeliane sono responsabili del crimine contro l’umanità di sterminio e di atti di genocidio”. Un cessate il fuoco temporaneo non significa la fine delle violazioni del Diritto internazionale da parte di Israele né annulla il rischio consolidato che i trasferimenti di armi a Israele possano essere utilizzati per commettere o facilitare tali violazioni. Ciò include, ma non si limita a, l’occupazione e l’annessione in corso di Israele dei territori Palestinesi, che la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha già concluso essere illegale. Israele ha ucciso più di 46.707 persone a Gaza e si stima che i resti di altre 10.000 persone siano ancora sotto le macerie. Almeno il 90% dei palestinesi di Gaza è stato sfollato con la forza, in condizioni inadatte alla sopravvivenza umana. Le forze israeliane hanno ripetutamente attaccato obiettivi civili, tra cui siti di distribuzione degli aiuti, tende, ospedali, scuole e mercati. Circa il 69% di tutte le strutture di Gaza sono state distrutte o danneggiate dai bombardamenti. Nonostante queste realtà devastanti e i crimini sul terreno, i nostri Governi hanno continuato a rifornire militarmente Israele attraverso il programma F-35. IL PROGRAMMA F-35 I Governi di alcuni Paesi partner del Programma F-35 – in particolare Canada, Danimarca, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito – hanno limitato alcune esportazioni di sistemi d’armamento verso Israele a causa del rischio che queste armi vengano utilizzate da Israele per commettere violazioni del diritto internazionale a Gaza. Nel settembre 2024, il governo britannico ha ritenuto di “non poter concludere altro che” per alcune esportazioni di armi del Regno Unito verso Israele, tra cui i caccia F-35, esiste un chiaro rischio che possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto umanitario internazionale a Gaza. È allarmante che, nonostante queste inconfutabili ammissioni, ci sia stato uno sforzo concertato per sostenere il trasferimento di componenti al programma F-35, consentendo un continuo trasferimento diretto e indiretto a Israele. I Paesi partner dell’F-35 hanno presentato una serie di posizioni incoerenti che consentono di continuare a esportare parti e componenti dell’F-35 verso Israele, dichiarando tra l’altro che le licenze di esportazione di armi verso Israele sono state sospese e consentendo al contempo i trasferimenti nell’ambito delle licenze esistenti o la fornitura “indiretta” attraverso gli Stati Uniti o altri partner dell’F-35. Il Regno Unito ha sostenuto che, per ragioni di pace e sicurezza internazionale, ha disatteso i propri criteri di autorizzazione all’esportazione di armi e gli obblighi legali internazionali per continuare a esportare componenti per il programma F-35, consentendo il successivo trasferimento a Israele, sostenendo che si tratta di una “questione di tale gravità che avrebbe prevalso su qualsiasi […] ulteriore prova di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario”. In effetti, a questo punto si può ritenere che non sussistano circostanze per cui questa fornitura di componenti per l’F-35 verrebbe sospesa. Questi cacciabombardieri hanno operato a Gaza armati di munizioni tra cui bombe da 2.000 libbre (esplosivi con un raggio letale fino a 365 metri, un’area equivalente a 58 campi da calcio). Nel giugno 2024, un rapporto delle Nazioni Unite ha identificato queste bombe come utilizzate in casi “emblematici” di attacchi indiscriminati e sproporzionati a Gaza che “hanno portato a un alto numero di vittime civili e a una diffusa distruzione di oggetti civili”. Il 2 settembre 2024, proprio il giorno in cui il governo britannico ha annunciato un’esenzione per i componenti dell’F-35, l’ONG danese Danwatch ha rivelato che un F-35 è stato utilizzato a luglio per sganciare tre bombe da 2.000 libbre in un attacco contro una cosiddetta “zona sicura” ad Al-Mawasi, a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi. Questo bombardamento segue lo schema degli attacchi israeliani a Gaza in violazione del diritto umanitario internazionale. OBBLIGHI LEGALI E FUTURI SVILUPPI Tutti i partner del programma F-35 sono Stati parte del Trattato sul commercio di armi (ATT), ad eccezione degli Stati Uniti, che ne sono solamente firmatari. Gli Stati firmatari dell’ATT sono tenuti a prevenire i trasferimenti diretti e indiretti di attrezzature e tecnologie militari, comprese parti e componenti, qualora vi sia il rischio assoluto che tali attrezzature e tecnologie possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto internazionale umanitario (DIU) o del diritto internazionale dei diritti umani. Questi e altri obblighi vincolanti sono contenuti negli articoli 6 e 7 dell’ATT. Gli Stati sono inoltre vincolati dall’obbligo di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario ai sensi dell’articolo comune 1 della Convenzione di Ginevra e del diritto internazionale umanitario consuetudinario, che impone agli Stati di “astenersi dal trasferire armi se si prevede, sulla base di fatti o della conoscenza di modelli passati, che tali armi saranno utilizzate per violare le Convenzioni”. Tutti gli Stati partner del Programma F-35 hanno una legislazione aggiuntiva che rafforza questi obblighi internazionali a livello nazionale o europeo. I continui trasferimenti di armi al Governo israeliano sono contrari alla legge statunitense, che ad esempio vieta il trasferimento di aiuti militari a governi che limitano la fornitura di assistenza umanitaria statunitense. Inoltre, tutti i partner dell’F-35 hanno ratificato o aderito alla Convenzione sul genocidio e si sono impegnati a “prevenire e punire” il crimine di genocidio. Questi obblighi sono rafforzati dai pronunciamenti della Corte internazionale di giustizia, che nell’aprile 2024 ha ricordato agli Stati parte della Convenzione sul genocidio i loro obblighi internazionali in materia di trasferimento di armi alle parti di un conflitto armato, per evitare il rischio che tali armi possano essere utilizzate per violare la Convenzione (paragrafo 24). Nel luglio 2024, la Corte internazionale di giustizia ha chiarito che gli Stati non devono aiutare o assistere Israele nella sua occupazione illegale del territorio palestinese occupato, anche attraverso rapporti economici o commerciali. La Corte penale internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel novembre 2024. RISPOSTE LEGALI E POLITICHE In tutte le giurisdizioni dei Paesi partner del Programma F-35, interventi legali e politici hanno cercato di far rispettare gli obblighi legali nazionali e internazionali dei governi per fermare le esportazioni di armi verso Israele, comprese le parti per i caccia F-35. Sono state avviate cause legali in Australia, Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti. Nel Regno Unito, Al-Haq e Global Legal Action Network stanno portando il governo britannico davanti alla Corte Suprema con un ricorso giudiziario che contesta la decisione di escludere i componenti per il programma globale F-35 dalla sospensione del settembre 2024 di circa 30 licenze di armi a Israele. Nel novembre 2024, la Corte Suprema dei Paesi Bassi è stata consigliata dal suo avvocato generale di confermare la sentenza della Corte d’Appello dell’Aia che ordinava al Governo olandese di bloccare l’esportazione di parti dell’F-35 dai Paesi Bassi a Israele. La sentenza fa seguito a una causa intentata da Oxfam Novib, PAX e The Rights Forum. In Australia, Al Haq, il Centro Al Mezan per i Diritti Umani e il Centro Palestinese per i Diritti Umani, rappresentati dal Centro Australiano per la Giustizia Internazionale, hanno presentato un esposto chiedendo al Ministro della Difesa di revocare tutti i permessi di esportazione in corso o in essere verso Israele, anche attraverso gli Stati Uniti. Di conseguenza, il Governo ha intrapreso una revisione che ha rivelato che l’Australia aveva fatto “decadere” o “modificare” 16 licenze di esportazione verso Israele. I gruppi continuano a essere preoccupati per l’assenza di trasparenza in relazione a questa revisione, compreso il fatto se le parti dell’F-35 siano state o meno prese in considerazione. Altri casi sono in corso nei Paesi partner dell’F-35 Canada e Danimarca, oltre che in Germania e Belgio.…
Chiusa a Vienna, in Austria, la tre giorni della Peoples’ Platform Europe , appuntamento chiamato dal movimento di liberazione curdo per “offrire un quadro europeo transnazionale in cui condurre uno scambio e trovare soluzioni ai problemi esistenti” e “contribuire a unire le forze, coordinare le nostre lotte e creare una visione comune del mondo che costruiremo insieme”. Nella sede centrale dell’Università di Vienna sono arrivati oltre 800 delegati in rappresentanza di 160 organizzazioni, gruppi, movimenti, reti e associazioni provenienti da oltre 30 paesi europei e diverse comunità. “La Peoples’ Platform Europe, con lo slogan “Reclaim the initiative!”, è nata – si legge nel comunicato stampa conclusivo dell’iniziativa – dall’esigenza di condividere le esperienze di coloro che lottano contro le forze dell’oppressione e di discutere le possibilità e le opportunità nella nostra ricerca di una vita libera. Ci siamo riuniti non solo per analizzare la modernità capitalista o per valutare la situazione attuale, ma anche come comunità dedita a comprendere, affrontare e trovare collettivamente soluzioni ai problemi più urgenti del nostro tempo. Nel corso delle varie presentazioni e discussioni è emerso come ovvio che il mondo sia sull’orlo di un cambiamento storico. I cambiamenti geopolitici, i progressi tecnologici, la distruzione ecologica e le crisi socio-economiche che affrontiamo sono a un livello più profondo che mai, sia nella loro complessità che nel loro impatto. In particolare, l’attuale crisi climatica, che è il risultato del sistema capitalista e della sua insaziabile ricerca del massimo profitto e del conseguente estrattivismo, sottolinea ancora una volta l’urgenza della situazione e ci mostra chiaramente che non abbiamo tempo da perdere”. Su Radio Onda d’Urto una prima valutazione, a poche ore dalla fine della tre giorni austriaca, con Jacopo Bindi, dell’Accademia della Modernità Democratica, una delle realtà organizzatrici della Peoples’ Platform Europe 2025. Ascolta o scarica ———- Di seguito, il comunicato stampa diffuso dalla Peoples’ Platform Europe, nella traduzione italiana a cura di Radio Onda d’Urto e – a seguire – nell’originale in lingua inglese: “Comunicato stampa della Peoples’ Platform Europe, Vienna – “Reclaim the Initiative!” : Ci siamo riuniti con oltre 800 delegati in rappresentanza di 160 organizzazioni, gruppi, movimenti, reti e associazioni provenienti da oltre 30 paesi europei e diverse comunità. La Peoples’ Platform Europe, con lo slogan “Reclaim the initiative!”, è nata dall’esigenza di condividere le esperienze di coloro che lottano contro le forze dell’oppressione e di discutere le possibilità e le opportunità nella nostra ricerca di una vita libera. Ci siamo riuniti non solo per analizzare la modernità capitalista o per valutare la situazione attuale, ma anche come comunità dedita a comprendere, affrontare e trovare collettivamente soluzioni ai problemi più urgenti del nostro tempo. Nel corso delle varie presentazioni e discussioni è emerso come ovvio che il mondo sia sull’orlo di un cambiamento storico. I cambiamenti geopolitici, i progressi tecnologici, la distruzione ecologica e le crisi socio-economiche che affrontiamo sono a un livello più profondo che mai, sia nella loro complessità che nel loro impatto. In particolare, l’attuale crisi climatica, che è il risultato del sistema capitalista e della sua insaziabile ricerca del massimo profitto e del conseguente estrattivismo, sottolinea ancora una volta l’urgenza della situazione e ci mostra chiaramente che non abbiamo tempo da perdere. Ma con ogni grande sfida arriva il potenziale per grandi opportunità. La nostra capacità di imparare, innovare, costruire solidarietà e creare soluzioni alternative è fondamentale per realizzare queste opportunità. Ecco perché questa conferenza è stata così importante. Abbiamo creato la piattaforma per riunire diverse prospettive, esplorare idee, condividere esperienze e spianare la strada a un cambiamento significativo. Insieme, abbiamo affrontato questioni vitali in diversi workshop: Guerra e pace, Antifascismo, Resistenza ecologica, Confederalismo democratico delle donne, Identità e resistenza dei giovani, Costruzione dell’autonomia, Attivismo e organizzazione, Lotta alle politiche genocide e Media democratici. Ogni voce ed esperienza qui è stata ed è inestimabile per questo viaggio. L’efficacia di questa piattaforma dipende da un’organizzazione dal basso e da uno sforzo concertato per affrontare i problemi alla radice. Per raggiungere i nostri obiettivi è necessario un quadro che sottolinei l’azione e il dialogo continuo all’interno di questi diversi gruppi a livello regionale. Promuovendo la cooperazione tra lotte localizzate, possiamo costruire una forza collettiva che non solo affronti sfide specifiche, ma lavori anche per costruire un movimento anticapitalista più ampio. Questo approccio olistico ci consente di collegare gli sforzi individuali a una narrazione più ampia, creando un fronte unito contro le ingiustizie sistemiche. Attraverso questa sinergia, vogliamo amplificare il nostro impatto e guidare il cambiamento trasformativo. La piattaforma è stato uno spazio per valutare le nostre strategie e tattiche, le nostre forme di organizzazione e la nostra pratica quotidiana. Volevamo esplorare insieme cosa significano per noi gli sviluppi politici degli ultimi anni e quali possibilità di cambiare il mondo possiamo vedere. Siamo convinti che un processo continuo di discussione collettiva sulla piattaforma più ampia possibile, composta da organizzazioni, movimenti e collettivi democratici e rivoluzionari, sia necessario per trovare le giuste risposte alle domande del nostro tempo. Con la People’s Platform Europe vogliamo offrire un quadro per l’Europa in cui possiamo avere questo scambio. Sia durante la fase di preparazione che durante i giorni a Vienna, abbiamo lavorato insieme su strategie e tattiche per compiere passi decisivi verso un dialogo efficace tra forze diverse, verso il coordinamento delle nostre lotte e la creazione di una visione comune. In questo senso, le discussioni dei workshop e le proposte che hanno avanzato per progetti, piani e principi comuni sono diventati i pilastri organizzativi della nostra piattaforma. Baseremo il nostro futuro lavoro pratico su queste proposte discusse congiuntamente. Il movimento delle donne e la lotta per la liberazione di genere hanno il potenziale per guidare movimenti e organizzazioni di massa attraverso la partecipazione attiva e la leadership. Se riuscisse ad affermare con successo che la liberazione degli individui più oppressi è la vera misura del successo nella lotta per la libertà, potrebbe svolgere un ruolo profondamente trasformativo nel rimodellare la vita in tutti i settori della società e in tutto il mondo. Questo metodo è essenziale per scoprire le verità sociali. Senza superare il sistema patriarcale e la mentalità che sono stati imposti alla società, queste verità, nella loro piena complessità, rimarranno nascoste in vari ambiti tra cui filosofia, scienza, etica, estetica e religione. Solo affrontando queste questioni possiamo sperare di trovare un percorso praticabile verso la risoluzione della distruzione ecologica, della disuguaglianza sociale e della libertà individuale. Il ricordo della resistenza storica che le donne hanno preservato attraverso i loro metodi creativi e ricchi può essere una guida in questo senso. La lotta delle donne, radicata in una profonda connessione etica con la vita, ha un carattere intersezionale che abbraccia molteplici contraddizioni e affronta la differenza in un modo che rafforza e trasforma, anziché dividere. Questa lotta cerca senza sosta modi e metodi per superare e trasformare il patriarcato che permea tutte le aree della società. Ciò rende la lotta delle donne una forza primaria e un’avanguardia nella costruzione della modernità democratica. Insieme alla lotta dei giovani per il loro diritto a un futuro, il movimento delle donne è la bussola fondamentale della nostra lotta. Proprio come il patriarcato non è solo un supporto ideologico per il sistema dominante, ma piuttosto la base millenaria di ogni forma di oppressione e sfruttamento, il razzismo e la relativa gerarchizzazione delle razze che porta alla disumanizzazione di gran parte dell’umanità sono una precondizione che continua a essere la base per la continuazione e l’egemonia del capitalismo europeo. Anche se il colonialismo europeo ha cambiato forma nel corso della storia, continua fino ad oggi senza soluzione di continuità. Noi, in quanto forze rivoluzionarie e democratiche in Europa, vediamo l’urgente necessità di collegare le nostre lotte qui con le lotte anticoloniali nel cosiddetto Sud del mondo. Anche le numerose lotte antirazziste delle comunità migranti e post-migranti in Europa devono essere viste in questo contesto e sono in prima linea nella lotta per un’Europa dei popoli. Lavoriamo e combattiamo per costruire la nostra rete e organizzazione comune sul principio di “unità nella diversità”. Ci concentriamo sui principi che ci uniscono, sui nostri obiettivi comuni e sulla nostra risoluta opposizione al capitalismo, lasciando anche spazio a differenze, contraddizioni e diversità nella teoria e nella pratica. La nostra cooperazione e collaborazione si baseranno sui principi sopra menzionati. Potremmo avere modi di pensare diversi e potremmo avere metodi, modi di lavorare e tradizioni diversi nei nostri movimenti. Siamo diversi nelle nostre culture e lingue, alcuni di noi provengono da grandi movimenti e altri da quelli più piccoli. Ma non vediamo le nostre differenze come un ostacolo. Invece vediamo questa diversità come una ricchezza e su questa base vogliamo discutere insieme, imparare gli uni dagli altri e unire le nostre forze. Le nostre differenze sono la nostra forza, non ci indeboliranno ma ci rafforzeranno nel nostro percorso comune. Il nostro terreno comune fondamentale è la nostra opposizione al capitalismo, la nostra insistenza sull’umanità. Di fronte alla crisi globale, alla guerra sempre più crescente, alla catastrofe ecologica, alla schiavitù delle donne e a un sistema che cerca di derubarci del nostro diritto a un futuro dignitoso, le nostre differenze e contraddizioni devono svanire sullo sfondo. Il capitalismo ha spinto l’umanità sull’orlo dell’abisso. La nostra sopravvivenza è possibile solo attraverso la sconfitta del capitalismo e la costruzione di una vita diversa e di un mondo diverso. Le conclusioni che traiamo dalla situazione attuale mostrano molto chiaramente che dobbiamo unirci e diventare una forza organizzata nel più breve tempo possibile. Questa è una responsabilità enorme e storica che ricade sulle spalle di tutti. Come coloro che lottano nel contesto dell’Europa, abbiamo anche il dovere di smantellare l’oppressione, l’ingiustizia e la distruzione causate dalle potenze europee in tutto il mondo. Uniamo le nostre lotte, le nostre prospettive e le nostre capacità e costruiamo la vita libera che i popoli del mondo e tutti gli esseri del nostro pianeta meritano!” Il comunicato originale, in lingua inglese: “Press release of the Peoples’ Platform Europe, Vienna conference – “Reclaim the Initiative!” We came together with more than 800 delegates representing 160 organizations, groups, movements, networks and associations from more than 30 European countries and different communities. The Peoples’ Platform Europe, under the slogan “Reclaim the initiative!”, was born from the need to share the experiences of those who are struggling against the forces of oppression and to discuss the possibilities and opportunities in our search for a free life. We came together not only to analyse capitalist modernity or to assess the current situation but also as a community dedicated to understanding, addressing, and collectively finding solutions to the most urgent issues of our time. In the course of the various presentations and discussions, it is obvious: The world is on the brink of a historic change. The geopolitical changes, technological advances, ecological destruction, and socio-economical crises we face are at a level deeper than ever before in both their complexity and impact. In particular, the ongoing climate crisis – which is the result of the capitalist system and its insatiable pursuit of maximum profit and the resulting extractivism – once again emphasises the urgency of the situation and clearly shows us that we have no time to lose. But with every great challenge comes the potential for great opportunity. Our capacity to learn, innovate, build solidarity and create alternative solutions is key to realising these opportunities. That is why this conference was so important. We created the platform to bring together different perspectives, explore ideas, share experiences, and pave the way for meaningful change. Together, we addressed vital issues in different workshops: War and Peace, Anti-fascism, Ecological Resistance, Women’s Democratic Confederalism, Youth Identity and Resistance, Building Autonomy, Activism and Organization, Fighting Genocidal Policies and Democratic Media. Every voice and experience here was and is invaluable to this journey. The effectiveness of this platform depends on grassroots organisation and a concerted effort to tackle problems at their roots. Achieving our goals requires a framework that emphasises action and ongoing dialogue within these different groups at the regional level. By fostering cooperation between localised struggles, we can build a collective force that not only tackles specific challenges, but also works to build a broader anti-capitalist movement. This holistic approach allows us to link individual efforts to a larger narrative, creating a united front against systemic injustices. Through this synergy, we want to amplify our impact and drive transformative change. The platform was a space to evaluate our strategies and tactics, our forms of organisation and our everyday practice. We wanted to explore together what the political developments of recent years mean for us and what possibilities for changing the world we can see. We are convinced that a ongoing process of collective discussion on the broadest possible platform, one made up of democratic and revolutionary organisations, movements and collectives, is necessary to find the right answers to the questions of our time. With the People’s Platform Europe we want to offer a framework for Europe in which we can have this exchange. During both the preparation phase and the days in Vienna, we worked together on strategies and tactics in order to take decisive steps towards an effective dialogue between different forces, towards coordinating our struggles and creating a common vision. In this sense, the discussions of the workshops, and the proposals they put forward for projects, plans and common principles have become the organisational pillars of our platform. We will base our future practical work on these jointly discussed proposals. The women’s movement and the struggle for gender liberation has the potential to lead mass movements and organizations through active participation and leadership. If it can successfully assert that the liberation of the most oppressed individuals is the true measure of success in the struggle for freedom, it could play a profoundly transformative role in reshaping life across all sectors of society and around the globe. This method is essential for uncovering social truths. Without overcoming the patriarchal system and mentality that has been imposed on society, these truths, in their full complexity, will remain hidden across various domains including philosophy, science, ethics, aesthetics, and religion. Only by addressing these issues can we hope to find a viable path toward resolving ecological destruction, social inequality, and individual freedom. The memory of their historical resistance that women have preserved through their creative and rich methods can be a guide in this regard. The women’s struggle, rooted in a deep ethical connection to life, has an intersectional character that embraces multiple contradictions and deals with difference in a way that strengthens and transforms rather than divides. It seeks endlessly for ways and methods to overcome and transform patriarchy that permeates all areas of society. This makes women’s struggle a primary force and vanguard in the construction of democratic modernity. Together with the struggle of the youth for their right to a future, the women’s movement is the fundamental compass of our struggle. Just as patriarchy is not only an ideological support for the ruling system, but rather the millennia-old basis of every form of oppression and exploitation, racism and the associated hierarchisation of races leading to the dehumanisation of large parts of humanity is a precondition that continues to be the basis for the continuation and hegemony of European capitalism. Even though European colonialism has changed its form over the course of history, it continues to this day as an unbroken continuity. We as revolutionary and democratic forces in Europe see the urgent need to link our struggles here with the anti-colonial struggles in the so-called Global South. The many anti-racist struggles of migrant and post-migrant communities within Europe must also be seen in this context and are at the forefront of the struggle for a People’s Europe. We work and fight to build our common network and organisation on the principle of ‘unity in diversity’. We focus on the principles that unite us, our common goals and our resolute opposition to capitalism, whilst also leaving room for differences, contradictions and diversity in theory and practice. Our cooperation and collaboration will be based on the aforementioned principles. We may have different ways of thinking and we may have different methods, ways of working and traditions in our movements. We differ in our cultures and languages, some of us come from large movements and some from smaller ones. But we do not see our differences as an obstacle. Instead we see this diversity as a richness and on this basis we want to discuss together, learn from each other and join our forces. Our differences are our strength, it will not weaken but strengthen us on our common path. Our fundamental common ground is our opposition to capitalism, our insistence on humanity. In the face of the global crisis, the ever-increasing war, the ecological catastrophe, the slavery of women and a system that tries to rob us of our right to a dignified future, our differences and contradictions must fade into the background. Capitalism has driven humanity to the edge of the abyss. Our survival is only possible through the defeat of capitalism and the construction of a different life and a different world. The conclusions we draw from the current situation show very clearly that we must come together and become an organized force in the shortest possible time. This is a huge and historic responsibility that falls on everyone’s shoulders. As those struggling in the context of Europe, we also have a duty to dismantle the oppression, injustice and destruction caused by the European powers around the world. Let us unite our struggles, perspectives and capacities and build the free life that the peoples of the world and all beings on our planet deserve!”…
Nuova avanzata delle milizie M23 e dell’esercito del Ruanda nell’est della Repubblica Democratica del Congo . Dopo Goma, il traballante esercito regolare congolese si è ritirato di fatto senza dare battaglia anche da Bukavu , capoluogo della provincia del Sud Kivu. I combattenti del gruppo armato antigovernativo sono entrati nella grande città da oltre un milione di abitanti attraverso i quartieri periferici del nord-ovest, quasi senza trovare resistenza da parte delle forze armate di Kinshasa. Le notizie – frammentarie – in arrivo da Bukavu sono drammatiche: le Nazioni Unite hanno denunciato casi di esecuzioni di bambini. La portavoce dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Ravina Shamdasani, ha aggiunto che l’Onu sta “documentando casi di maltrattamenti, violenza sessuale e di genere legata al conflitto, reclutamento forzato di bambini, intimidazioni e minacce di morte. Il rischio concerto he la situazione si trasformi in un conflitto ancora più profondo e ampio è spaventosamente reale e avrà conseguenze ancora più devastanti per i civili”. Sempre a Bukavu, saccheggiato il magazzino con le scorte alimentari del Programma alimentare mondiale (Wfp), contenente il “cibo immagazzinato e destinato al sostegno salvavita delle famiglie più vulnerabili che stanno affrontando una crescente crisi umanitaria”, ha dichiarato l’agenzia delle Nazioni Unite secondo cui “con il diffondersi della violenza l’accesso al cibo per la popolazione è sempre più difficile”, al pari dell’istruzione, con altri 330mila minori costretti a interrompere le lezioni. Sul piano internazionale, invece, dopo aver preso il controllo della grande città di Goma , capitale della vicina provincia del Kivu Nord, i ribelli hanno ripreso la loro avanzata, nonostante il cessate il fuoco richiesto dai Paesi dell’Africa subsahariana che nelle scorse ore si sono riuniti in Etiopia. Le vittime ufficiali dalla ripresa su larga scala nell’est congolese sono 3mila, ma il bilancio è assolutamente parziale. Ignoto anche il numero delle persone in fuga, valutate in centinaia e centinaia di migliaia . 10mila sono solo quelle entrate in Burundi, a circa 50 chilometri dalla città di Bukavu, subito dopo la presa della città da parte di M23. In risposta alla situazione, il Burundi ha mandato più di 10 mila soldati per aiutare l’esercito di Kinshasa alle prese con M23 e altri gruppi armati filo ruandesi, con il rischio di un conflitto sempre più largo. Sulla situazione in questa regione dell’Africa centrale, incentrata attorno alla Repubblica Democratica del Congo, Radio Onda d’Urto ha intervista il giornalista Luciano Bertozzi, che da anni segue le vicende dei Grandi Laghi. Ascolta o scarica Di Bukavu Radio Onda d’Urto ha parlato anche nell’ultima puntata di Radio Africa, in onda lunedì 17 febbraio 2025. Ascolta o scarica…
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